All About Tracy Chapman, since 2001.

2003 – Let It Rain Tour – February 10, Milan, Teatro Smeraldo

SETLIST
Onstage: 9:45pm
Set 1:
01. In The Dark
02. Across The Lines
03. Say Hallelujah
04. Baby Can I Hold You
05. Another Sun
06. Crossroads
07. Behind The Wall
08. The Promise
09. Hard Wired
10. Fast Car
11. You’re The One
12. Talkin’Bout The Revolution
13. She’s Got Her Ticket
14. Telling Stories
15. Give Me One Reason

Encore 1:
16. Get Up Stand Up
Offstage: 11:17 pm

Submitted by: Gabriele

REVIEWS

  • Tracy Chapman un concerto di vaniglia – Di: Giorgia Fazzini, CNN.it, 11 febbraio 2003

Tracy Chapman, concerto sold out a Milano

MILANO (CNN) — Vaniglia, ebano, terra grossa. Fra questi elementi di bruno profumo – incrocio di sentiero fra rock, folk e blues – sta la voce e l’anima della cantautrice americana Tracy Chapman. Ed anche lunedì sera il pubblico milanese ha colto questo frutto saporito e delicato allo stesso tempo, con l’entusiasmo riservato ai grandi della musica.

La scaletta del concerto spunta i cinquestelle dell’intera produzione, dedicando lo spazio maggiore all’ultimo album “Let It Rain” ed al primo omonimo – quel “Tracy Chapman” che nel 1988 la presentò al mondo con otto folgoranti milioni di copie vendute – quasi a stabilire i due punti d’equilibrio di una carriera.

Giunta al sesto album (cui va aggiunta la raccolta “Collection” del 2001), la Chapman ha in mano un mazzo di carte colorate, che dall’iniziale spinta di impegno politico e sociale si è via via rivolto all’interno, sviluppando l’analisi secondo temi e modi più intimisti. “Let It Rain” è infatti un disco sott’onda, un filo di minor carattere che si costituisce della timida riservatezza che sul palco nasconde il viso sotto una pioggia di treccine.

Ed è questa la coerente fotografia di un’autrice cui basterebbe la forza di una voce densa come un tramonto per riempire il teatro, questa la calamita che le ha fatto guadagnare un pubblico che la venera e la applaude con un affetto capace di un instancabile tutto-esaurito.

Basterebbe la voce, dicevamo, prova ne è un’intensa “Behind the wall” fatta a cappella, preghiera laica che sospende i respiri. In un’illuminazione fioca, obliqua, la chitarra dell’autrice è poi sostenuta da sei elementi fra i quali si stagliano due omoni la cui ingombranza fisica è direttamente proporzionale al tatto. Un percussionista dal battito presente e dalla voce flessibile che s’intreccia alla protagonista in una travolgente session vocale di Give me one reason; ed un batterista la cui mano destra potrebbe condurre il rito del tè, leggera e precisa, un macramé ritmico di rispetto e personalità.

Il concerto si chiude dopo un’ora e mezza, il bis è una collettiva versione di Get up stand up, con il pubblico puntualmente sveglio e in piedi. Fuori la temperatura e l’orizzonte sono una livida Milano, eppure non fa freddo, sarà il riverbero di un sogno tuffato nei sentimenti.

  • Una Tracy Chapman impegnata trionfa tra vecchi e nuovi successi – Di: ilgiornaledivicenza.it, 13 febbraio 2003

Tutto esaurito a Milano per la cantante americana che oggi è a Genova

Milano. Tutto-esaurito per un ritorno trionfale. Tracy Chapman ha iniziato il suo breve tour italiano (ieri a Roma, Auditorium Santa Cecilia; stasera a Genova, teatro Carlo Felice) con un concerto milanese che conferma l’affetto del pubblico per una cantautrice schiva ma determinata. Al teatro Smeraldo Tracy (nella foto Brenzoni) si presenta con un gruppo composto da ottimi musicisti, tra cui il chitarrista Joe Gore (già con Tom Waits e P.J.Harvey) e Butch, il batterista degli Eels. Il suono pulito delle composizioni, nate dalla chitarra acustica di Tracy, si sporca subito con gli effetti della voce nei lamenti di “In the dark”, “al buio”, perfetto inizio di serata, con il profilo della cantante che emerge dall’oscurità tra gli applausi e le urla del pubblico. Una platea calda, quella dello Smeraldo, che spesso travalica il buon gusto quando batte le mani fuori tempo e disturba con squilli di cellulare una canzone drammatica come “Behind the wall”. È il racconto di una violenza domestica udita da Tracy attraverso la sottile parete di un muro, un brano per sola voce, uno dei più toccanti del suo famoso disco d’esordio.

Un boato saluta ogni canzone che proviene da quel disco, un vero colpo di fulmine che nel 1988 prese al cuore milioni di persone nel mondo. Tracy ne è così consapevole da riproporre dal vivo, per intero, il primo lato di quell’album, una scelta che, come si dice, “fa venir giù” il teatro. Manager e ragazzine cantano “Fast car”; coppie di innamorati si baciano sulle note di “Baby can I hold you”; e un coro generale spiaccica al suolo il messaggio politico di “Across the lines”.

Neanche un teatro elegante con le poltroncine in velluto può fermare l’effetto karaoke, con tanto di applausi in piena esecuzione. Viene da pensare che, se questo è il pubblico del pop-rock, allora è giusto che ci confinino nei palazzi dello sport. Esemplare la sorte che tocca a “Talkin’ bout a revolution”, la “Blowin’ in the wind” di Tracy Chapman. Il coro distrae Tracy che attacca dalla seconda strofa o giù di lì. Ride imbarazzata e consapevole dell’affetto. Le canzoni del nuovo disco, “Let it rain”, il sesto per la cantautrice di Cleveland in Ohio, non sono state ancora metabolizzate dal pubblico e vengono risparmiate. “Say hallelujah” ha un ritmo che richiama il battito delle mani e un andamento da Tom Waits in fervore religioso, simile alla successiva “You’re the one”, una ‘Love story’ tra un soggetto poco raccomandabile e una Tracy cocciuta che lo ama lo stesso, quasi il seguito della splendida “For my lover. “Give me one reason” del ’95, una delle poche incursioni fuori dal primo e dall’ultimo album, chiude il concerto prima del bis, la cover di “Get up, stand up” di Bob Marley.

«Questa è la mia canzone preferita del mio cantante preferito che proprio l’altro giorno avrebbe compiuto gli anni», confessa Tracy, mentre si alza l’inopportuno coro di “Happy birthday”. La Chapman va avanti senza curarsene e offre una versione militante del brano di Marley. Finale entusiasmante, con la gente in piedi, avvolta da parole che invitano a lottare per i propri diritti e sorretta dal ritmo del reggae che scalda il cuore. (g.br.)

  • TRACY CHAPMAN – Milano, Teatro Smeraldo, 10 febbraio 2003 – By: Roberto Caselli, jamonline.it, Marzo 2003

Comincia da Milano, da un Teatro Smeraldo sold out, il tour italiano della brava cantante di Cleveland, una serie di date che vogliono promuovere il nuovo album Let It Rain, disco più intimista rispetto ai precedenti in cui l’aspetto sociale è presente più tra le righe che in maniera esplicita. Ad aprire il concerto ci pensano Pape And Cheikh un duo africano, proveniente dal Senegal, che propone un repertorio melodico e potente nello stesso tempo, canzoni che in parte pescano nella tradizione del loro Paese, con un’attenzione particolare verso il sociale (da sentire il loro album Mariama, registrato recentemente per la Real World di Gabriel).

La Chapman si fa attendere qualche minuto oltre il lecito, giusto per scaldare gli animi e far esplodere il pubblico al momento del suo ingresso. Elegante e misurata, affida l’inizio della performance a una serie di pezzi acustici, interpretati sostanzialmente da voce e chitarra. La prima e terza canzone sono rispettivamente In The Dark e Say Hallelujah, entrambe tratte dall’ultimo album, ma in mezzo comincia già a apparire Across The Lines, uno dei pezzi portanti del primo album, ancora una volta gettonatissimo e accolto con esplicito entusiasmo dal pubblico. Da Talkin’ About A Revolution vengono via via snocciolati, oltre al pezzo omonimo, Fast Car, Behind The Wall, Baby I Can Hold You e She’s Got Her Ticket, tutti amatissimi ed evidentemente interpretati con piacere dalla stessa Tracy che, certa della loro popolarità, a volte gioca a far introdurre la canzone dal pubblico.

La band sul palco presenta basso (che nelle versioni acustiche diventa contrabbasso), batteria, percussioni, tastiere e chitarra, sempre pronti ad assecondare la Chapman con molta discrezione, salvo quando quest’ultima decide di lanciarsi in qualche reggae o gospel particolarmente intriganti che permettono alla formazione di far vedere il proprio valore. A dare una mano a Tracy c’è anche una corista dalla voce splendida. Il concerto scivola fluido e veloce, un’ora e mezza tirata senza interruzioni, che si conclude con un unico bis, un’inaspettata versione di Get Up Stand Up di Bob Marley.

  • Vivere Milano – Di: LUCA CASTELLI, La Stampa, 10/02/2003

Nel 1988 irruppe sulla scena musicale con testi politici e aria da arrabbiata Fu un successone ma dopo sei dischi la cantante di Cleveland ha scelto toni più pacati per risvegliare le coscienze

Non è più una ragazza, Tracy Chapman. Non è più quella ventiquattrenne timida, ma dalle idee molto chiare, che nel 1988 bussò alla porta del mondo parlando di rivoluzione («Talkin’ Bout Revolution» è il titolo di uno dei suoi brani più famosi). Oggi la cantautrice americana di anni ne ha quasi quaranta. E arriva al teatro Smeraldo per presentare il disco numero sei di una carriera affrontata con coerenza e lucidità, ricca di soddisfazioni (34 milioni di dischi venduti, 4 Grammy vinti con il primo album), anche se meno trionfale di quanto il boom di quindici anni fa avrebbe lasciato immaginare. «Let It Rain», il disco pubblicato a fine 2002, restituisce una Chapman ispirata, forse un briciolo più malinconica che in passato, sempre convinta del fatto che la ricetta di una buona canzone sia molto semplice: una chitarra, una voce, un testo onesto e intelligente. E poi una band di ottimi musicisti a fare da sottofondo: gente come il batterista Joey Waronker (il preferito dai R.E.M. dopo l’abbandono di Bill Berry) o il chitarrista Joe Gore (già con Tom Waits). Una squadra di fuoriclasse che ha di nuovo spinto verso l’alto le quotazioni della cantante di Cleveland. Famosa per l’impegno sociale e per la lotta in difesa dei diritti umani (memorabili i suoi concerti per Amnesty International), la Chapman salirà sul palco accompagnata da una band di sei elementi (tra cui il citato Gore) e suonerà anche il 12 a Roma e il 13 a Genova.

Teatro Smeraldo, piazza XXV Aprile 10, ore 21. Ingresso: 37,50/35/32,50/30/27,50 euro. Informazioni: 0229006767, www.smeraldo.it.

  • Chapman intimista, in Italia solo nei teatriDi: Olivia Corio, Ilnuovo.it, 08/02/2003

La cantautrice si esibirà in Italia. Tre le tappe: Teatro Smeraldo di Milano il 10 febbraio, Auditorium di Roma il 12 e Teatro Carlo Felice di Genova. Emozioni garantite.

MILANO – Una voce inconfondibile che non ha bisogno di gridare per farsi sentire. E’ quella che ascolteremo al Teatro Smeraldo di Milano il 10 febbraio, prima tappa della mini tournée di Tracy Chapman . La cantautrice americana ha scelto di esibirsi in tre città (Milano, Roma e Genova), preferendo i teatri ai grandi stadi dove non faticherebbe a ottenere il sold out. Ma le perle in musica racchiuse nel suo ultimo disco, Let it Rain, non sono canzoni da arena. Sono brani introspettivi, dal sapore dolce e amaro, gocce di malinconia che accarezzano l’animo di chi ama sognare.

Tracy Chapman è dunque attesa in tre teatri, lo Smeraldo, l’Auditorium di Roma e il Carlo Felice di Genova, dove potrà suonare in intimità come se fosse nel salotto di casa sua. Ascoltando i brani di Let it rain, non a caso, si ha la sensazione di averla di fronte. Con la sua chitarra. “Ho fatto un disco in cui regna una certa intimità – ha ammesso commentando l’album – Per questo motivo ho preferito lavorare con un produttore che fosse anche un musicista, John Parish”.

Schiva, timida, a volte scontrosa con i giornalisti a causa della sua insofferenza verso i meccanismi promozionali, Tracy Chapman è riuscita a tenersi fuori dai vortici della celebrità a partire dal 1988, quando il suo album di debutto conquistò i vertici delle classifiche. Da allora le sono piovuti addosso dischi di platino, numerosi riconoscimenti e quattro Grammy. Ma l’autrice di Fast Car e Give me one reason non è cambiata. E’ la stessa di quando suonava nei folk club, la stessa che faceva sentire alla sorella le sue prime canzoni (“E’ lei la mia più grande fan”). L’ultimo album segna una svolta verso l’introspezione a scapito del commento sociale. Un disco meno politico dei precedenti . Ma del resto è dall’autoriflessione che partono gli stimoli per cambiare il mondo.

FAN REVIEW

  • Gabriele, 02/11/03: The show was great! She is simply magic with her voice and her smile. Thank you Tracy for the emotions you gave us. and thanks to you for this site.

VENUE: Teatro Smeraldo, Piazza XXV Aprile, 10 20121 Milano, Italy (Capacity: 5000)
PROMOTER: D’Alessandro e Gali
OPENING ACT: Pape & Cheikh

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